04/02/11

Turpe

Un sogno schifoso, imbarazzante, abominevole. Eppure sento l'impulso di raccontarlo ugualmente in questa sede. Mi trovavo in un vano sotterraneo posto sotto la linea gialla metropolitana di Milano. Sembrava un sepolcro, tutto fatto di marmo grigio e illuminato da fioche luci. Ero in quell'ambiente con la bionda A., e copulavo selvaggiamente con lei. Sembrava una cosa reale, tanto era densa, palpabile. Eravamo entrambi nudi, e io la penetravo con impeto, finendo con l'eiaculare più volte dentro di lei. Ogni volta che emettevo il seme, mi tornava subito una poderosa erezione e riprendevo. Ero del tutto privo di intelletto, come una bestia, non mi si formavano parole in testa e pensavo soltanto ad ancheggiare, la mia virilità turgida nel vaso della bionda A., mi stupivo di quanto fosse imponente il priapo tumefatto. Il più delle volte eravamo faccia a faccia, altre more ferarum. Ad un certo punto mi sono accorto che c'era qualcuno che ci osservava da una specie di finestrino di vetro annerito. Ho così intravisto Aldo, Giovanni e Giacomo. Sentivo che facevano commenti volgari, facendo notare che lo facevamo come animali, che lei non mi faceva neanche un pompino, e via discorrendo. Le parole scorrevano dentro di me, le ricordavo ma non le capivo: quando la favella mi è tornata ero fuori dal talamo sepolcrale e mi aggiravo nella nebbia. Avevo un grande senso di fastidio alle vie urinarie e ai genitali: tutta quell'attività copulatoria mi aveva provocato una grave congestione. Nella Milano nebbiosa, davanti a me c'era un edificio universitario, e nell'aula magna si teneva un convegno. Sono entrato e mi sono seduto in un posto in prima fila. Quando il convegno ha avuto inizio, mi sono accorto che c'era M. L. seduta sul banco dietro di me, vestita di rosso. Mi sorrideva in modo lubrico e mi strusciava un piede nudo contro un braccio. Allora le ho preso il piede, e ho constatato che era lurido, con le unghie sporche e lunghe, simili ad artigli. Sono corso via fuggendo in preda a un disgusto viscerale, con i conati di vomito, l'odore di sudiciume che mi saturava le narici. Tutto d'un tratto mi sono ricordato che dovevo trovarmi alla stazione del metro con Logos e 7di9. Dovevamo andare a una convention del Connettivismo ed ero in ritardo pauroso. Dopo aver passato un tempo che mi parve eterno tra i diverticoli sotterranei, rischiando di perdermi, sono arrivato ad una specie di bar anomalo: il banco dove servivano bevande e cibi non era delimitato da pareti, ma si trovava nell'ambiente della metropolitana e aveva forma semicircolare. Il banco era di un bianco abbacinante, come il pavimento e le pareti. Era un open space fatto di plastica. C'erano cucine con fornelli e lavandini ricavati da blocchi di acciaio. Lì c'era il carissimo Logos che mi attendeva. Non c'era 7di9. Ci siamo messi a parlare. Lui vestiva con una giacca nera e una sciarpa bianca. Solo a quel punto ho visto che al banco c'era Giovanni X, con un cappello da chef in testa. Mi ha salutato e abbiamo parlato un po'. Con grande lucidità gli ho chiesto come mai il sito Next-Station non fosse ancora aggiornato. Lui mi ha risposto in modo incomprensibile, fuori dal contesto, e ha spinto davanti a me una gran padella piena zeppa di molluschi cotti e spinaci. I molluschi erano di una specie non identificata, sembravano vagamente seppie ed emanavano un cattivo odore. Gli ho chiesto spiegazione, e lui ridendo mi ha messo nel piatto gli spinaci, tenendo per sé i molluschi. Anche se erano andati a male, io volevo ingozzarmene, spinto da un impulso insano. Ero furibondo perché nel piatto avevo gli spinaci, che erano bolliti male e rinsecchiti, senza il minimo condimento. Ho afferrato la padella, strappandola di mano a Giovanni X, e ho cominciato a ingurgitarne il contenuto, bevendo una gran quantità di vino asprigno e mosso. Logos mi guardava con un'espressione di rimprovero, temendo che potessi vomitare sul banco. A questo punto mi sono svegliato e per qualche istante ero in panico, convinto assurdamente che la mia vergognosa avventura onirica con A. potesse averla ingravidata.

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