30/05/11

La persona connettiva - (poemetto in cinque atti, contributo per un’estetica del Connettivismo)

La persona connettiva
(poemetto in cinque atti, contributo per un’estetica del Connettivismo)


Atto primo

La persona, ah ah mi raccomando
etimologicamente una maschera sola
mi raccomando nessuna metamorfosi
né acquatica né lunare, nessun giramento o sbattimento cosmico,
(Poi sorge il No gridato: cose tipo “Leggete e moltiplicatevi”, forse la saggezza e la pazzia del poeta certo non quella dell’eunuco o del boia , ma derivazioni e derive ascetiche, la ninfa fa strani giochetti con signorina Paranoia nel fumettazzo proibbito, alla televisione Madame So tutto io e la sua nidiata di vipere, poi dimentichi tutto sfogliando Rimbaud, i ragazzini la sanno lunga circa le frigidità delle nuvole)

La persona connettiva è un ‘entità multipla, che ha indossato la pletora dei mali
tutte le menzogne e le finzioni, splendide le finzioni mitologiche, mitopoietiche, eresie senza roghi,
il lusso stratosferico dell’immaginazione, qui, ora, nella divina dépense.
Ha indossato la pericolosa cattiveria del pirata,
la preferisce all’ottusa condiscendenza del perdono.
(Ecco perché metti sempre la statuina del pirata a vigilare
che fuori dal tuo pensiero tutto rimanga com’è:
questa favola triste del tempo che avanza.
Ecco perché ti pavoneggi: perché hai letto in Byron
che il pensiero è magia, cosa che hai sempre pensato).

Atto secondo

In un cerchio magico di paranoia, eccola! Servita con l’aperitivo delle sei, con il tè alle cinque,
televisionata tele vivisezionata tele imposta.
La paranoia è la sfida del collettivo alla nostra fantasia di potenza,
chi esige molto da se stesso, fino ad essere con se stesso spietato,
è forse nella Grazia?
Superumana nel divenire l’Oltre aspettato sulle soglie divine del nulla,
come in riva a tutti i buchi neri a contemplare
(Non) Dioniso (Non) Cristo ma il senziente
Motore immobile macchina pulsante


farsi beffe del dolore umano
perché pensato unicamente incantesimo della volontà stessa,
non più Fato da subire per volontà di un dio, di Dio o dell’Altro.
ma scelta totemica, ancestrale, di sofferenza
intellettuale. Intellettuale? ah ah che ridere!


“Dolore? Umano? Intelletto? “
Edipica sorge una domanda della sfinge,
che Edipo non sa risolvere e allora Tebe è condannata.
E’ condannata la polis come aggregato molecolare di desideri da nulla
(la macchina, la sposa, la figa, la fessa,
la Bmw; la fesa, la spesa, all’ovvio la resa, alla round the world and …
The Money, The Money, The Money )
O Santa Maria della puttane, veglia su di noi,
ora che l’enigma affila i suoi sarcasmi.

Atto terzo

Noi siamo contro questa specie di sabotaggio all’individuo che è il pensiero collettivo,
questa cassa di risonanza in sequenza de : lo stridio di una moto sega,
una lavatrice inceppata, un motorino che infilza l’orecchio.
Noi siamo contro il futurismo della Macchina Televisione
(ah archeologia della spazzatura più attuale)
per incontrarci con la Matrice Non Pensabile del cosmo,
cui allude ogni racconto umano, ma che nessuno può raccontare.

Ogni pensiero sfiorato dal dubbio dell’eternità,
dubbio di potenza infinita in noi racchiusa,
sia benedetto piuttosto dal miagolio di una gatta, dal vibrare del fuoco,
che maledetto da un pensiero piccino piccino, da intenditori dell’ovvio,
e del profano.”

Conosciamo tutte le eresie. Ve ne siete accorti? Verità è una mistificazione imposta,
tanto varrebbe dirlo che solo agli scontenti interessa Verità
i cervelluti si affidano all’’ispirazione, en travesti.


(Mask of the middle class race
Burning in a vanished rockstar’s face,
for me babe)

Atto quarto

Nella terra di mezzo fra androide e libellula
la differenza è quantica.
Energie non ancora pensate
ci attendono in ogni varco.
Oh la mia infanzia di micro molecola
non ancora associata.
Prima che mi piombasse la testa
la parola manomessa dal Potere,
quella parola così poco multietnica,
da far rabbrividire, quella parola così Casa e Chiesa e Cosa,
pesante come tutta la pe(n)sante eternità.

Invece, In questa trascendentale visione
che unifica Einstein e i Veda,
nell’eternità che non si vede,
ogni festa ha la sua trama occulta,
ogni entità occulta il suo angelo svanito.
Il tempo infatti è una truffa, lineare come una cipolla, non euclideo,
un ritornare dell’identico in nuova forma, dell’identica forma in altra sostanza.
Dove scienza è un capriccio di dadi, un colpo di dadi non eliminerà mai il caos,
figuriamoci l’eterno ritorno,
dove l’oceano delle anime
in una goccia d’acqua trasmigra.

Atto quinto

Dove tutto collassa cos’è cosmo?
La parola che connette, fune tesa sul labirinto.
Dove tutto non è né luce né tenebra
Quale occhio di fusione
testimonierà tutta l’immensità
raggomitolata in una spiga?
O disdetta di un cosmo non umano!
O sublime esistenza dell’altrove!

7-8-9- 10 marzo 2011

17/05/11

Walk in Hell

Mesmerica deriva
Stige! Stige!
Caronte in panciolle
Una fresca bevanda e oboli a non finire
Bulbi d’occhi e manciate di denti
Tibie e omeri a pacchi.
Rottami qua e là sulla sponda di qua
Poche cose di là, una ramazza, un santino
E un tricorno d’avorio.

Una barca che oscilla
Il Mantuan poeta borbotta e il Fiorentino s’è ne già andato, beato lui
Qualche bagnante sguazza nel limaccio
Urla e schizzi di dannati
Anche all’inferno si fa festa
Nei giorni funesti.

Un banchetto perfetto
Quasi un vittoriano pic nic
O era elisabettiano?
Un tavolino, sedie liberty
Tovaglia di ricamo posate d’argento
Neanche si apparecchiasse per il Coniglio in persona
Caronte che sprechi!

La Regina di Spagna ha tre assi
Cleopatra un full e la Borgia una scaletta
Due tibie, rilancio di tre teschi,
Un femore e sei molari.
Vedo! Tu bari! Come osi?
Signore, suvvia, tra dannati un po’ di rispetto.

Arrugginita una targa
Pende storta sopra un ceppo di rocce
Roccia rossa, roccia arsa
Incise poche parole in infernese
E in inglese non si mai i turisti
In these rocks jesus christ sat down after his walk in hell
Nessuna maiuscola e pochi i souvenir venduti.

La signora in blu chiede vendetta
L’uomo in bianco aspetta
E il crocicchio di streghe ricama ad uncinetto
Qualche diamante per terra
Nella posta nessuna lettera
E la parola resta senza suono
Nella scatola dei cioccolatini un indizio
Ma sono tutti già scartati.

Passeggiare all’Inferno può esser divertente
Un paio di assassini, uno stuolo di pretini
Poeti in vacanza
Qualche cannibale onesto
E se si è fortunati un papa funesto
Non mancano le risse e le feste all’aperto
Balere sempre aperte e spettri danzanti
L’ingresso non è affatto costoso
Serve in fondo essere solo un po’morti.

Chi urla, dico io?
Caronte s’alza dalla chaise lounge
Impettito osserva intorno
Chi urla? ho detto.
Ripete sbraitando
I poveri dannati in silenzio s’acquattano
Caronte fa paura, Caronte il Vecchio
E fate silenzio per l’anima mia!
E se ne torna a sedere
Col libro segnato alla pagina lasciata
Non ci sono più i dannati di una volta
Mugugna allungando le gambe.

(To be continued...)

Ascolto deserte leggende

Ascolto deserte leggende
Il Tempo si fa Assenza
Il rivo sciaborda silenzio
Vedo questo presente
Chiudo gli occhi e sprofondo
Parole care alla mia gente
Non vi è nessuna durata
Senza traccia il voto di solitudine
Un identico me stesso si osserva
Io ripetuti al plurale
E il vecchio grinzoso ravviva il fuoco
Sorpresi in questa comunione
Lo vedo rada barba bianca
Biascica preghiere
Religione di Niente
La chiesa è un edificio vuoto
Un antico odore di incenso
E i passi riecheggiano sulla volta
Il gotico fiorisce nelle mie parole
Il Baltico ancora una volta
Un Kloster e le orme
Il Mare del Nord immobile nel ghiaccio
Porto sulle spalle il peso dei miei presenti
E celebro di ogni attimo il funebre rito
Manciate di terra secca sull’ora
E ogni cosa diventa scrigno di memoria
Ho smesso di essere nel Tempo
Eco di passi nelle strade d’Europa
Scivolano i miei Altri sullo schermo dei loro ricordi
Ma non io, non ora, non qui
Nulla, Gigante di Nulla
Eredità di niente
Lascio la deriva andare
Mi perdo.
Il Tempo è mancanza di me
Io sono Assenza nel Tempo.

09/05/11

Vi sono giorni in cui la pioggia è sottile

Vi sono giorni in cui la pioggia è sottile
Il Mare del Nord brontola lontano
E il tempo non è altro che assenza.

Dalle cucine si leva il profumo di verdure stufate,
Una carovana di beghine va in processione alla messa
E il pastore sulla soglia del Duomo le attende.

Un campanile lontano rintocca il mattino.
Le barche al porto sciabordano silenziose l’attesa
E una finestra del Palazzo riflette le nuvole basse.

L’Imperatore ha da poco concluso un gabinetto,
L’Imperatrice un’impudica toeletta,
E il tonfo nel cielo è solo il ricordo di un tuono.