29/07/10

Abisso a perdita d'occhio

Non esiste confine a questa notte eterna. Nemmeno un atomo di idrogeno. Nulla. Il Nulla Assoluto. Vuoto pneumatico al di là di ogni immaginazione, nessuna scienza criptoquantistica è mai riuscita a descrivere qualcosa di simile. Nemmeno i deliri dei Mistici Nichilisti sono riusciti a rendere l'idea. Siamo soltanto noi tre, prigionieri di questo scafo, composto da una lega metallorganica in grado di resistere alle condizioni più estreme. Quando i protoni e i neutroni si sfalderanno, decomposti dalla morte stessa degli Eoni, noi saremo ancora qui, polvere di scheletro all'interno di questo guscio solipsistico, di questo acciaio anentropico incapace di comunicare con l'esterno. I nostri giorni proseguono come un vuoto ripetersi di routine immutabili. A volte ho quasi il pensiero che i nostri flussi cognitivi non possano deviare dall'alveo imposto dalla programmazione primordiale che ci condiziona. Eppure avverto delle scosse ogni tanto. Saranno soltanto illusioni? Come l'impiegato che rinchiuso nel suo loculo all'interno di un condominio infinito si era convinto di poter sentir freddo quando regnava l'afa, perché con la mente era in grado di evocare le sensazioni di ricordi del freddo subito anni prima. Quello stesso impiegato che si gettò nel vuoto per seguire gli stati alterati primaverili con cui Azathoth l'aveva sedotto. Noi non siamo così fortunati. Siamo il gheriglio di una noce alchemica, alla deriva in una vastità assolutamente insondabile. Non possiamo nemmeno comunicare con la Casa Madre che ci ha inviati qui. Sto arrivando alla conclusione che il nostro stesso essere non sia altro che un illusorio tremolio in questo noumeno fallace. Siamo i Morti, veniamo dal Nulla.

Il polo nord non è lontano

Urlo in questo mare di silenzio sino a che la mia voce si spegne nelle onde di un consueto delirio. Dove siete? Un Albatros galleggia alla deriva ma la balestra che lo uccise non fu la mia. Il marinaio se n’è andato e la Morte e' seduta al tavolo degli scacchi guardandomi. La vela strappata si agita al vento e le nuvole nere precipitano oltre l’orizzonte. Il polo nord non è lontano e le impronte di una strana creatura disegnano arcani sulla neve.

Il pogrom ebbe inizio

La Regina di Spagna scese i pochi gradini che davano sulla piazza medievale e attese il silenzio. Il brusio della folla si spense. Ogni volto fissò l’incedere regale con stupore e ammirazione. Lei fece un gesto, quasi sbadato. Il boia si inchinò e il pogrom ebbe inizio.

28/07/10

Muovete l'Esercito. Assecondiamo le Correnti notturne. Rabbrividisce, la Fanteria. Non abbiamo Scelta. Andate, puntate i Cannoni e fate Fuoco. Affondate le Lame di Energia nel Muro di Carne. Troveremo la Parola che cerchiamo. L'ultima di Tredici. L'ultima, finalmente. Ancora Trentasette Pianeti da frantumare e poi il Traguardo. Trafiggete, smembrate, bruciate: cancellate. Che la Distruzione annienti il Silenzio.

27/07/10

Rinnegare il proprio tempo

Rinnegare il proprio tempo
Lasciare che l’entropia arrivi
Caos e disordine
Distruzione
Le rovine laggiù
Ricordi di quando si ergeva un tempio
E folle mormoranti processavano
Cammini e preghiere
Poco più che un ragazzo
E ora sono un vecchio
Un tuono
Alcuni passi sul selciato
E una porta sbatte
Il vento sta arrivando
Qualcuno corre a rifugiarsi
E io osservo il cielo e il solito buco
Dovrei rinnegare il mio tempo
Trovare rifugi nel passato
Storie e faccende
Camminare insieme a Napoleone
Lungo le sponde del Baltico
Lubecca
Fuggire nel futuro e vedere
Le ossa farsi metallo e la pelle gomma
E una semi immortalità diffondersi
Democratica
Vivo il mio tempo
L’ora
Quale è il mio tempo?
E' identico al tuo?
Sei nel mio passato o nel mio futuro?
Mi traduci in lettere che neppure riconosco
E io osservo queste parole svuotarsi
E farsi tue
Estremo tradimento
Dalle rovine qualcosa si muove
Forse un bambino
Forse una strana creatura
Affamata
Ma io resto qui
In questo luogo lontano
Protetto da una vaga solitudine
E ricordo il tempo
Suona un apparecchio alla parete
Qualcuno attende alla mia porta che io apra
Spalanchi questo scrigno
I miei ricordi di vecchio
Non aprirò che suonino
Oggi è l’ultimo giorno e io sto ancora aspettando
Se almeno mi ricordassi
Quale è il mio nome.
Il mio nome?

26/07/10

Le Pendici della Notte

Sotto il Continuum sfaldato, un'Energia oscura agita i Tentacoli. Le Propaggini penetrano Dimensioni sconosciute, mentre Coni di Luce immobile rischiarano un Luogo dove Spazio, Tempo e Coscienza sono Parole prive di Suono. La Bestia spinge con maggiore Forza, le Crepe sulle Pareti si allargano. Qualcuno urla, tra quelle Pareti curve, ma Nessuno può ascoltare. Rumore muto di Ventose incorporee. La Creatura apre e chiude il Becco, stritolando Particelle di Stabilità. I Cadaveri di Navigatori quantici fluttuano inerti, come Riflessi di Sagome senza Forma, Anima e Colore. I Tentacoli avanzano dentro l’Involucro bianco dei Caschi incrinati. I Cadaveri aumentano. Il Flusso di Morte rafforza la Dittatura oscura, consumando la Biologia residua. Alcuni Cadaveri scompaiono, altri ne sopraggiungono, come Piastrine in Soccorso di una Ferita incurabile. La Notte lascia il Posto alla Notte.

Lasciare svanire il mondo

Lasciare svanire il mondo
Restare appesi ad una corda
Un cappio intrecciato
Fili d’oro
E gemme di organza
Dondolare al suono di una musica
Che viscida scende a valle
Giocare intorno al patibolo
Aspettando il morto
Che tarda affaccendato con la Morte
Una partita a scacchi
Muove il pedone
Ma non la Regina
Questa notte il cielo è rosso
Giocano i bambini e urlano
Il vento infuria e la tempesta è lontana
Il sangue scivola in torrenti
Verso una pozza densa.
Storie strade città
E tutto si consuma
Restano solo pochi fili d’erba
Sporchi di un ricordo
La pioggia sta arrivando
Ogni cosa verrà dimenticata.